giovedì 5 luglio 2012

A Spoleto la Lulu di Bob Wilson

Sarà una Lulu dell'eterno dualismo degli opposti, Eros e Thanatos, silenzio e rumore, ma anche dei diversi piani di lettura della realtà, una realtà meditata, curata sin nei minimi particolari per proporre in scena astrazioni e ricontestualizzazioni nella ricerca di significati e nuove significante, quella che Robert Wilson proporrà al teatro Nuovo Giancarlo Menotti alle 21 nell'ambito di Spoletofestival 55.
Quarta presenza nel corso degli ultimi cinque anni, il grande regista americano, ha consolidato l'amicizia con il direttore artistico Giorgio Ferrara e sorride nel corso di un incontro con la stampa della sua relazione con Spoleto dicendo: "Voglio morire qui". La Lulu di Wilson con una, ispiratissima Angela Wunkler quale interprete principale propone angoli di visuali nuovi e diversi, point of view che scaturiscono da una profonda reflectionbuilding, la progressiva costruzione di una riflessione che in ogni occasione rimette tutto in discussione: non importa sottolinea Wilson - se ci si può attendere una giovane ragazza nel ruolo di Lulu, così come non importa che Re Lear sia necessariamente uomo.

L'importante è che tutti gli elementi in scena siano in un continuum di dualismo degli opposti e creino tensione. Una tensione volutamente ricercata attraverso gli spazi, i silenzi e la musica, la costruzione scenica. Il silenzio soprattutto, nell'opposizione con lo splendido "rumore" prodotto dalla musica di Lou Reed rappresenta una chiave di accesso per entrare nello spettacolo, un silenzio da cui scaturisce il testo, quindi le parole che a loro volta producono un'immagine In realtà questa immagine rappresenta una maschera, la stessa maschera che nel teatro greco equivaleva a -persona", in un gioco di disvelamenti e di nascondigli, di riletture di significati. In tutto questo è lo spazio che domina nelle proporzioni di un dinamismo tra elementi e tra attori e pubblico. "

Può sembrare tutto molto intellettualistico - sottolinea il regista - ma non è così. Il mio lavoro - continua è una cosa che si vede e spero che vedendola si percepisca anche meglio". Il teatro insomma è materia che si plasma come lo scultore fa con il suo scalpello sulla pietra. aggiungendo, contrastando luci e ombre, levigando e rafforzando linee e curve. "Raramente parlo con gli attori - aggiunge il regista - né con la produzione del lavoro che sto facendo. Lavoriamo con la sostanza di cosa, sono le cose e non con la teoria di cosa sono le cose”. I risultati si vedono e si sentono. Angela Wunkler, l'interprete principale, che vanta anche collaborazioni con Giorgio Strehler a Milano, ha sentito maturare in sé un grande senso di libertà nell'interpretare in scena solo e soltanto se stessa senza "sentire - ironizza - la necessità di fare capriole e piroette", ma semplicemente rimanendo in silenzio. "Mi sono sentita forte, indipendente e autosufficiente".

É stata la voce di Angela che ha stregato Wilson: "Angela ha 60 anni, ci si poteva aspettare una Lulu giovanissima, ma per me non è importante l'età, ma la sua voce piena di tempo e senza tempo". Anche un bacio può rappresentare la morte e se è vero che il regista ammette che l'opposizione tra Eros e Thanatos sospinge "Lulu", giovane donna che uccideva i suoi amanti, dice anche che la scena è ricca di tante altre cose, soprattutto di emozioni e tensioni di suoni, di immagini, di spazi, di parole. La morte ad esempio, appare scarnificata, inscatolata letteralmente, è rappresentata in scena da una vera e propria scatola nera che mano a mano che si articola lo spettacolo si ingrandisce sino ad occupare l'intero proscenio e a diventare protagonista assoluta. "

Stavo pensando a tutti gli elementi - continua Wilson - e mi è venuta in mente l'idea di un diagramma e delle coordinate spazio-tempo, in cui la, scatola di colore nero, mano a mano finisce per occupare la scena ". E Lou Reed? Come è nata la collaborazione con il rocker? E perché proprio Lou Reed? "Ho conosciuto Lou Reed negli anni Sessanta - risponde il regista - tramite il comune amico Andy Warhol. Uno in antitesi all'altro ". Wilson torna sul dualismo degli opposti e su quanto Warhol si contrapponesse all'esuberanza di Reed. In proposito racconta l'aneddoto di quanto Warhol fu invitato in un celebre talk show e fu presentato come il "nonno " della pop art. Warhol, taciturno, calò la, sua "maschera" di introverso, ma confermò la sua timidezza.. Sorrise e rispose a tutte le domande.

Lou Reed, alter ego di Warhol, rappresenta insomma l'elemento di rottura, iconoclasta e dissacrante, che spezza, la solennità del silenzio in una visione totalizzante del teatro e dei suoi elementi. Cosa in realtà abbia voluto portare in scena Wilson con Lulu, ma più in generale cosa Wilson comunichi con il suo teatro, è proprio la dimensione totale del teatro che diventa opposto e allo stesso tempo complementare alla realtà nell'essere finzione. Porta, a riferimento un esempio di quanto la stessa espressione della realtà, sia ambigua e necessariamente interpretata. "Se analizziamo la scena di una, madre che soccorre il suo bambino mentre cade in un fermo immagine, nei primi due, tre fotogrammi vedremo l'espressione della, mamma, carica di tensione violenta che rispecchia il suo stato d'animo di apprensione e preoccupazione. In un solo secondo di tempo reale ci si rende conto di quello che sta accadendo tra madre e figlio. E se la mamma si rivede in quei fotogrammi affermerebbe stupefatta: "Non è possibile che sia io".

Corriere dell'Umbria Giovedì 5 Luglio 2012

Nessun commento:

Posta un commento